Il Lenzuolo di Clelia Marchi Stampa E-mail

Care persone fatene tesoro di questo lenzuolo
che c’è un pò della vita mia; è mio marito;
Clelia Marchi (72) anni hà scritto
la storia della gente della sua terra,
riempendo un lenzuolo di scritte,
dai lavori agricoli, agli affetti.

Con queste parole una contadina di Poggio Rusco inizia a scrivere la storia della sua vita in un Lenzuolo del corredo, largo più di due metri. Riga per riga racconta il lavoro nei campi e il grande amore per il suo Anteo: “Le lenzuola non le posso più consumare col marito e allora ho pensato di adoperarle per scrivere”. Le righe del lenzuolo numerate una ad una per non perdere il filo leggendo. Un’opera straordinaria divenuta simbolo dell’Archivio dei diari. Al Lenzuolo è dedicata una stanza nel Piccolo museo del diario.

il tavolo touchscreen con la digitalizzazione del Lenzuolo        

 

la galleria fotografica di repubblica.it
Il Lenzuolo diario di Clelia sotto la teca 


Una notte, Clelia non trova un pezzo di carta in tutta la casa. Di colpo la memoria le restituisce il volto della maestra elementare. "Martini Angiolina raccontava che gli Etruschi avvolgevano le mummie nelle lenzuola". Apre l’armadio e prende un lenzuolo bianco del corredo, di una dote che non serve più. Lo poggia su un cuscino e adagia il cuscino sulle ginocchia. Incolla sulla sinistra la foto del marito, sulla destra la sua e al centro il sacro cuore di Gesù. Di getto, incomincia a scrivere la storia della sua vita, solo verità e "Gnanca na busia".
Fabio Felicetti, Corriere della Sera

Un diario scritto in un lenzuolo potrebbe essere il solito prodotto dell’umore balzano della provincia italiana: come i violini costruiti con i fiammiferi o l’uomo orchestra che suona contemporaneamente tutti gli strumenti. Ma all’archivio mi hanno raccontato la storia di Clelia (...). Gran parte del diario è ambientato nel paese dove è nata e ha sempre vissuto: la campagna padana, le fatiche della mietitura e del lavoro nei campi, il primo incontro con il marito quando lei aveva ancora quattordici anni. La figura del marito torna sempre, in ogni lunga riga del lenzuolo: la persona più importante per noi – ha spiegato – è quella con cui vai a letto tutte le notti.
Stefano Malatesta, La Repubblica 

archivio diari lenzuolo 01

Scrivere la propria vita su un lenzuolo: quello che ha avvolto i nostri sonni, i sogni, gli amori, le solitudini tormentose. Scriverla la vita, con una minuzia di segni, estrema pazienza, la stessa del tempo che incide le rughe su un volto.
Alberto Bevilacqua, Corriere della Sera

Quand j’entre, mon oeil est attiré par le mur du fond, décoré d’une sorte d’étrange... tapisserie? J’approche: c’est un drap de lit, écrit à l’encre noire en lignes fines, comme une immense page de cahier dont les lignes auraient deux mètres de long. Une paysanne des environs en a fait cadeau aux Archives: ce drap est le récit de sa vie, composé après la mort de son mari. Tout à fait en bas du drap autobiographique, un fris de poèmes à l’encre rouge. Le texte a été transcrit par les Archives, mais l’objet est sospendu là, émouvant mémorial coniugal devenu, sur ce mur, symbole de l’écriture populaire.
Philippe Lejeune, Le dèbat

Im Verlauf zweier Jahre wuchs darauf nicht nur die eigene, sondern auch die Geschichte ihrer Mitmenschen und die des ganzen Landstrichs: eine Erzählung aus der Provinz von Mantua in Hunderten von filigranen Filzstiftzeilen. Erinnerungen verfasst in Dialekt, manches Mal in einer Art Lautschrift, von einer Frau, die die Schriftsprache nicht vollkommen beherrscht, aber dennoch (oder gerade deshalb) ein sprachmächtiges Zeugnis abgelegt hat. "Und so all die Opfer und Mühen, ein Leintuch grob und breit wie das Meer bräuchte man, um alle Mühen und all den Kummer zu erzählen".
Michael Langer, Die Zeit

Ottant’anni. Una vita aspra, fatta di fatica, povertà. Ma anche di dignità e amore. Quando il marito muore ha sessant’anni, i figli sono grandi e nei campi non ci va più. Il tempo è lungo, vuoto. Clelia Marchi comincia a scrivere, ogni notte, su un lenzuolo. Oggi i suoi diari sono diventati un libro.
Rosella Simone, Marie Claire

Quel lenzuolo a due piazze fitto fitto d’una scrittura rotonda e un po’ insicura è finito a Pieve Santo Stefano, al premio per la diaristica. Poi, siccome Poggio Rusco è il paese di Arnoldo Mondadori, la Fondazione Mondadori ha deciso di pubblicarlo (...). Sarebbe sciocco parlare di letteratura. Le storie di Clelia Marchi sono vere, sono memorie preziose di una civiltà, quella contadina, abitualmente avara di testimonianze.
Aurelio Magistà, Il Venerdì di Repubblica

Clelia Marchi arrivò a Pieve Santo Stefano un giorno d’inverno del 1986, col suo lenzuolo sotto il braccio. Era venuta in treno fino ad Arezzo. Era scesa dalla corriera, con l’aria compunta e festosa delle donne già avanti negli anni, che hanno trascorso una vita intiera senza mai uscire dal loro comune di nascita. Un viso bello, incorniciato da una capigliatura canuta e ben pettinata, le trecce attorcigliate, gli occhi sfavillanti. Portava l’età indefinita di una capofamiglia contadina vestita bene per una cerimonia.
[dalla prefazione di Saverio Tutino a "Gnanca na busia" di Clelia Marchi. Fondazione Mondadori, 1992]


Leggi la storia di Clelia Marchi

 
 
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