Premi speciali 2018 Stampa E-mail

domenica 16 settembre
ore 9.30
Piazzetta delle Oche

Premio speciale "Giuseppe Bartolomei"
attribuito dalla Commissione di lettura

Gherardo Giorni
Fiat voluntas tua
diario 1947-1960

Un ragazzo sensibile e pieno di passioni, capace di alternare la leggerezza di vivere di un adolescente, attratto dalle amicizie e dall’attività sportiva, con la profondità d’animo e la spiritualità di un uomo maturo. La vocazione religiosa, l’attivismo nell’Azione Cattolica, il volontariato con i bambini, l’amore sterminato per lo studio e la conoscenza. Quando comincia a scrivere il suo diario, a 15 anni, Gherardo Giorni racconta la quotidianità di un giovane normale e speciale allo stesso tempo. Nasce a Pistrino di Citerna, in provincia di Perugia, da una famiglia di coltivatori, frequenta il Liceo scientifico a Sansepolcro in provincia di Arezzo e si sposta a Siena per gli studi universitari. È iscritto a medicina, trascorre le giornate sui libri e dedica ogni energia all’apprendimento. Fin quando, appena ventenne, un grave incidente non mette a repentaglio tutti i suoi progetti. 14-1-52 Molte cose sono passate dall’ultimo giorno che ho scritto il mio diario. Sono 33 giorni che sono ricoverato all’ospedale Civile di Siena. Dormo nel lettino della sala dell’Operati, lettino N 302. Ferita all’occhio sinistro da un piumino. Fiat voluntas tua. Perderà, senza mai riuscire a riacquistarla, la vista da un occhio e dovrà sottoporsi a lunghi cicli di cure e ricoveri per scongiurare la cecità. Un’esistenza imperniata sull’abitudine di leggere e scrivere per molte ore al giorno viene sconvolta improvvisamente. Il percorso universitario rallenta, le preoccupazioni per i costi che la famiglia deve sostenere per mantenerlo al collegio si fanno pressanti, ma Gherardo riesce a resistere. Con forza d’animo e facendo sempre leva sulla fede, che vacilla nei momenti difficili ma resta un punto di riferimento, trova un nuovo equilibrio che gli consente di non compromettere la salute, continuare gli studi fino a conseguire la laurea, trovare l’amore e costruire una famiglia. 21 giugno 1954 ore 17.30 Adesso va un pochino meglio. Ho ripreso a studiare. Non so se potrò dare quest’esame a Giugno i miei programmi non possono andare oltre domani immediato. Non voglio preparar l’esame per forza. Io mi piego, ma non mi spezzo in questo caso. Sento che adesso posso applicarmi meglio, però non sono in condizioni ideali. Mi sento sempre irrequieto e alle volte stanco. Il mio occhio si è annebbiato. Segno sicuro che sono deperito. In ogni modo la mia parola d’ordine è non forzare. Un anno o due fa avrei certamente cercato di forzare e mi sarei imbestialito. Non così oggi. Oggi capisco quello che più deve premere. E questo è la salute. Forse sarò un contadino come il mio babbo, ma sono un uomo nella piena capacità delle sue forze, quindi non cerchiamo di fare i martiri ed infrangere certe barriere, ma accettiamo i limiti che ci impone la natura con umiltà e buon senso.

 

Premio per il miglior manoscritto originale
attribuito dall'Archivio diaristico

Giuseppe Lorenzo Mazza
nato a Torino nel 1896
morto nel 1916, sul fronte dell’Isonzo
Colpito al cuore
epistolario 1912-1917

A volte bastano dei numeri per comprendere il valore di una testimonianza. È il caso dell’epistolario che si stratifica con la corrispondenza scambiata dalla famiglia Mazza tra il 1912 e il 1917: 560 tra lettere e cartoline spedite e ricevute nell’arco di 5 anni, firmate in via prevalente da un padre (Roberto, ufficiale di artiglieria) una madre (Serafina, crocerossina) e un figlio (Giuseppe, sottotenente di fanteria) coinvolti in prima persona nell’esperienza della Prima guerra mondiale. Avvicinando la lente d’ingrandimento della storia, i numeri si fanno ancor più eloquenti: tra la prima lettera in cui compare un esplicito riferimento alla presenza di un membro della famiglia al fronte (da Serafina a Roberto 23 luglio 1915) e l’ultima lettera iniziata a scrivere da Giuseppe poco prima di essere colpito a morte da una pallottola austriaca (23 luglio 1916) trascorre esattamente un anno. Sono 365 giorni durante i quali padre, madre e figlio si inviano circa 400 tra lettere e cartoline: tra il fronte e il fronte interno, tra chi rischia la vita in zona di guerra e chi fibrilla a casa in attesa di notizie, viaggiano più di una lettera o cartolina al giorno, più o meno equamente distribuite tra quelle che Giuseppe invia ai genitori e quelle che riceve in risposta da entrambi. Un ritmo serrato, una catena di comunicazioni nella quale, spesso, per l’impazienza di sapere e a causa dei ritardi del sistema postale, non si rispetta la consequenzialità della ricezione e dell’invio: si scrive e si riscrive anche in mancanza di una risposta, che spesso tarda molti giorni ad arrivare. Un groviglio di informazioni in cui diventa un’impresa districarsi. Si scrive e si riscrive per fugare la paura di notizie drammatiche, luttuose, come quella che rivelerà la morte di Giuseppe e sconvolgerà l’esistenza della famiglia Mazza.

Il programma della 34^ edizione:  

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