Angelo Rebay Stampa E-mail
rebay (Pognana Lario CO, 1788-1860)
Primo tricolore
autobiografia 1788-1859

L'autobiografia di Angelo Rebay, ricco commerciante di stoffe, si apre con l'arrivo delle truppe napoleoniche in Lombardia. Qui si racconta tutta una vita di affari e compravendite con una parentesi di commercio in Sassonia e in Renania, a fianco di una moglie molto amata che gli dà sei figlie femmine e quattro maschi. Di tutti annota date, luoghi di nascita e padrini di battesimo, racconta il fasto dei funerali di famiglia, ma scrive anche di pestilenze, delle rivolte del 1848 e perfino delle battaglie che porteranno all'Unità d'Italia.


Io nacqui a Pognana sul Lago di Como il 1° di settembre 1788 da Giovanni Angelo Rebay e Caterina Caprana.
Dalla mia più tenera fanciullezza sino all'età di anni nove non mi passò niente che merita attenzione: ma ardea già d'inpazienza di viaggiare il mondo, e di dedicarmi alla mercatura.
Nel 1797 in cui li Francesi commandati dal Generale Buonaparte conquistarono la Lombardia, il nostro paese fu eretto in Repubblica Cisalpina, e si ordinò che ogni comune piantasse l'albero della libertà.
Io ero presente a questa funzione, e mi ricordo che si piantò a Pognana dinanzi alla Chiesa Parrocchiale un albero alto, sulla cima del quale si pose una berretta rossa, e questo era chiamato l'albero della libertà.
A questa festa eranvi presenti due invitati della Repubblica, chiamati uno Corbellino e l'altro Santo Cassella. Avanti la detta chiesa eranvi dieci barili di buon vino e 400 miche, ed io in compagnia degli altri mangiava, beveva e poi gridava: Libertà, Fraternità, Uguaglianza: evviva la Repubblica Cisalpina, e quindi pieno di gioia, ballava attorno a detto albero con la coccarda tricolore sul cappello. Quei colori erano bianco rosso e verde.
Il cittadino Cassella (a pena di morte in quei tempi si doveva evitare qualunque tiitoli, e servirsi solo di cittadino invece di Conte o Contessa ecc.) dinanzi alla casa del Cittadino Curato intonò quindi un discorso repubblicano appresso a poco nei termini seguenti: “Cittadini! Finalmente siamo liberi. Non gemiamo più sotto il giogo della tirannia, ed osiamo innalzare il capo. Li francesi, nostri liberatori, ci apportarono la Libertà e l'Ugualglianza, e di questi doni a loro soli ne siamo grati. Ora non vi è più tiranno che ci opprima, l'aristocrazia è per sempre da noi bandita, libera sarà ognor la nostra Patria , ed ogni cittadino così respirar potrà. Sieno dunque i nostri voti: Libertà, Fraternità ed Uguaglianza e gridiamo sempre: evviva la Repubblica Cisalpina!”
Detto pane e vino non fu mai pagato.

 
 
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