Umberto Guidotti Stampa E-mail

Umberto Guidotti

Seguendo la voce del dovere
diario 1945

Umberto Guidotti
nato Torino nel 1925, morto nel 2002

Genova, 24 aprile 1945. Per l’Italia oppressa dall’occupazione nazista e fascista è la vigilia della Liberazione. Per Umberto Guidotti, volontario, non ancora diciottenne, della X Mas, e per milioni di uomini e ragazzi che hanno aderito alla Repubblica Sociale Italiana, è la sconfitta degli ideali in cui sono cresciuti e del ceto politico e militare al quale hanno legato i propri destini. Stare calmi; null’altro. Il principe Borghese ha telefonato da Milano che là è tutto in ordine, e di ripiegare ordinatamente. Il maggiore Arillo ne ha informato il generale Meinhold, comandante di piazza, che ha confermato. Ma a Genova non è “tutto in ordine”: la città sta per scrivere una pagina di storia, unico caso in cui la resa nazista avviene direttamente nelle mani del CLN, di un popolo e di un esponente comunista (Remo Scappini). Il 25 aprile Meinhold e migliaia di tedeschi, travolti dall'insurrezione partigiana, depongono le armi. La mattina del 26, tuttavia, al porto resiste ancora un grosso contingente tedesco con un centinaio di marò, tra i quali c’è anche Umberto. Io ero dell'opinione, condivisa da molti del resto, di resistere a oltranza, perché appena ci avessero avuto in loro potere, avrebbero fatto scempio di noi. Alla fine anche gli ufficiali tedeschi e italiani asserragliati al porto capitolano, la consegna delle armi avviene nel pomeriggio del 26 aprile. Ore 23 Scrivo alla luce molto fiacca di una lampadina, in uno stanzone dello stadio di Marassi, col presentimento che per molti di noi questa sarà l'ultima notte. Abbiamo passato, oggi, delle ore terribili; non avrei mai creduto di patire tante umiliazioni, seguendo la voce del dovere. Alle cinque la lunga colonna dei tedeschi è uscita dal porto, mentre noi ci inquadravamo sul piazzale. La pagina che segue, è lo specchio in frantumi in cui l’Italia ha cominciato a riflettersi da quel giorno, senza più riuscire a ricomporre la propria identità. Un vero uragano di insulti, minacce, vituperi si è abbattuto su di noi; non v'è epiteto turpe, di quella lingua triviale, che è il genovese, che non ci abbiano dato; non c'è atto vergognoso che ci abbiano risparmiato; di qui è iniziato il nostro calvario. Dopo due o tre ondeggiamenti la folla scatenata ha rotto i cordoni. Come un allucinato - e cogli stessi sentimenti di una belva presa in trappola - mi sono fermato a guardare il cerchio che si stringeva su di noi, quando raffiche di sten sono partite alle nostre spalle. "Ci hanno traditi e ci fanno fuori come cani!" pensavo convulsamente. Invece è stato il capo della scorta che ha fatto fuoco in aria per intimidire la gente. Ogni onesto borghese si è fatto dovere di uscire con un fazzolettino o un elegante nastrino rosso all'occhiello - rarissimo le coccarde tricolori - e ci ha maledetti e ingiuriati, mostrandoci a dito alla sua figliolanza. Dinanzi a una simile manifestazione d'odio c'è da domandarsi se non fossimo noi realmente dalla parte del torto? se non facessimo la rovina dell'Italia, senza volerlo? se siamo noi "venduti" - questa parola mi colpisce come uno schiaffo - e loro i puri, i giusti? Ho la coscienza serena di aver compiuto il mio dovere, e, se occorresse, sarei pronto a ripeterlo. Accompagnato da queste certezze Umberto giunge, nei primi di maggio, al lager numero 3 del campo di internamento di Coltano, in provincia di Pisa, il più grande tra quelli allestiti dagli Alleati in Italia e destinato, in via prevalente, alla reclusione degli aderenti alla Rsi. Vi saranno concentrate fino a 32mila persone, in difficili condizioni abitative, alimentari e sanitarie, di cui Umberto è puntuale cronista. Ma ben oltre le privazioni, sono i tormenti dell’anima a rendere insopportabili le giornate di Guidotti, fino al rilascio che avviene nell’ottobre ’45. Non valeva la pena di sacrificarsi, qualunque cosa accada io non penserò che al mio bene e alla mia famiglia, non mi immischierò più di nulla. L’esperienza è stata troppo amara; faccio come la tartaruga che si ritira nel guscio. 

 

 

Il programma della 36^ edizione:  

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