“La parola e il Tempo” si ricongiungono al Lenzuolo

Mostra d’arte ispirata al Lenzuolo di Clelia Marchi, Pieve Santo Stefano 13-14-15 settembre. 
Intervista a Anna Spagna Bellora 

annaspagnaLa mostra “La Parola e il Tempo” è nata come «un omaggio a Clelia Marchi, come un riconoscimento a questa donna straordinaria che aveva compiuto un gesto di una potenza unica: quando sono venuta a conoscenza della sua storia ho immaginato di organizzare una collettiva, chiamando a raccolta - mi verrebbe da esclamare “ancora una volta!” – quegli artisti che avevano lavorato a lungo anche con mio marito». Il risultato è sorprendente e gli spettatori del 29esimo Premio Pieve Saverio Tutino, che si svolgerà a Pieve Santo Stefano dal 13 al 15 settembre, avranno il privilegio di poter ammirare con i propri occhi 14 opere, di altrettanti artisti verbovisuali, collocate nella suggestiva cornice del Tempietto di Colledestro: un’opportunità unica…
Ma forse abbiamo corso un po’ troppo: sarà bene riavvolgere il nastro e procedere per gradi.
Le frasi virgolettate che avete letto all’inizio di questa intervista appartengono ad Anna Spagna Bellora, artista e collezionista, moglie dell’intellettuale e gallerista Gianfranco Bellora scomparso nel 1999. Nel 2011 Anna Spagna rimane folgorata dalla storia e dalle “gesta” di una contadina di Poggio Rusco, provincia di Mantova, che gli amici dell’Archivio diaristico nazionale conoscono bene: Clelia Marchi è l’icona del luogo che ospita le memorie degli italiani fin da quando vi giunse nel 1986, come racconta il fondatore dell’Archivio Saverio Tutino, con sotto al braccio quel lenzuolo matrimoniale sul quale aveva da poco scritto tutta la sua storia. Proprio così: perso il marito Anteo, grande amore di una vita intera, ma conservata la propensione alla scrittura di sé, Clelia si era ritrovata una notte senza carta in casa, e siccome «le lenzuola non le posso più consumare col marito – si era detta - e allora ho pensato di adoperarle per scrivere» la propria autobiografia. E così fece, producendo un capolavoro che prima di essere esposto in una teca a Pieve Santo Stefano era stato anche trasposto in un libro Mondadori. Un libro che non poteva non scatenare il genio e la creatività di chi, come Anna Spagna, ha dedicato la propria vita a indagare la relazione tra la parola e l’arte e alle ricerce verbovisuali. C’erano tutti gli ingredienti per una mostra collettiva, che di lì a poco è stata realizzata chiamando a raccolta 14 tra quegli artisti che avevano a lungo collaborato con lei e con il marito. Ciascuno ha eseguito un lavoro a tema, esprimendo la propria specificità artistica ma su di un identico supporto: un lenzuolo bianco. Le opere hanno dato vita alla mostra “La Parola e il Tempo”, a cura di Francesco Correggia e del Centro di ricerca dell’Accademia di Brera, che tra l’ottobre e il novembre del 2011 è stata esposta presso la ex chiesa di San Carpoforo di Milano. E che a settembre, grazie all’Archivio dei Diari, ad Anna Spagna Bellora e alla collaborazione della storica e critica dell’arte Silvia Colombo, vivrà un’inattesa e suggestiva replica nell’unico luogo che ha la possibilità di riunire opere d’arte e fonte di ispirazione. Ecco, abbiamo chiuso il cerchio.

Cosa prova Anna Spagna Bellora all’idea che, a settembre, la mostra “La Parola e il Tempo” venga allestita a pochi passi di distanza dalla teca che conserva il Lenzuolo di Clelia Marchi?

È per me una grande emozione: quando è nata l’idea della mostra io avevo conosciuto Clelia attraverso il libro pubblicato da Mondadori: non conoscevo ancora questa realtà di un archivio dedicato alle scritture autobiografiche. È stata una scoperta recente e devo dire molto piacevole: è bello sapere che esiste un luogo che si occupa della conservazione e della promozione di testimonianze uniche come quelle della nostra Clelia.

Cosa l’ha colpita del “diario” della contadina di Poggio Rusco?

La sua scrittura ruvida, quel suo incedere sgrammaticato e non colto rende l’idea di un’Italia povera, di un’Italia contadina ma che conserva sentimenti in via di estinzione. Mi piacciono queste donne di una volta, sono capaci di esprimere valori sinceri, in cui credere tanto è vero che io ho voluto intitolare il mio lavoro “Gnanca na busìa” (titolo del libro Mondadori, n.d.r.) citando proprio la frase che Clelia scrive sul suo lenzuolo, garantendo ai lettori che quel che c’è scritto sopra è solo verità.  Devo dire che l’utilizzo del linguaggio, del suo linguaggio, ai miei occhi ha prodotto un fatto estetico. Che ha ispirato la mostra.

 Nella quale ha coinvolto i massimi esponenti dell’arte verbo visuale: come hanno risposto al suo appello?

Con entusiasmo: con questi artisti, che sono professori, letterati e intellettuali che hanno lavorato sul linguaggio, abbiamo una lunga consuetudine fatta di collaborazioni e lavori straordinari. Ognuno ha manifestato un approccio diverso al tema, trattando in maniera diversa l’idea della parola sul lenzuolo, producendo opere che vale la pena di apprezzare nella loro peculiarità.

E che potranno essere apprezzate, dal 13 al 15 settembre, a Pieve Santo Stefano: un’opportunità unica.

(l’intervista è a cura di Nicola Maranesi)

 

 
 
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