Antonio Di Rosa Stampa E-mail

Antonio Di Rosa

El Pibe
autobiografia 1911-1942

Antonio Di Rosa
nato a Buenos Aires nel 1911

I soldi ci sono. In totale 138 dollari, prestati dall’amico Peppino. I risparmi di una vita: appena comincerai a lavorare dovrai restituirmeli. Se le cose là non funzioneranno bene per te, non avrai alcun debito con me. Mi capisci Antonio. Capisce Antonio, Antonino Di Rosa, nato in Argentina da genitori siciliani emigrati, transitato per Modica durante l’infanzia mentre il padre combatte in trincea, tornato presto a Buenos Aires con la famiglia per lasciarsi alle spalle le macerie della Grande Guerra. Capisce: lacrime abbondanti scivolarono sul mio viso e tutto ciò che potei aggiungere fu "grazie". I soldi ci sono: 130 dollari costa il biglietto per la terza classe, nave diretta a New York. E così, nel 1926 a 15 anni Antonino ha deciso di partire per gli Stati Uniti. Vuole una vita migliore, comprare una casa ai genitori. Il padre si è convinto: figlio mio se vedo che rimani qui non sarai più di quello che sono io e mai avrai tutto quello che desideri. La madre ha il cuore spezzato ma alla fine acconsente. Anche il Console americano si persuade e gli concede il visto per l’espatrio. La destinazione finale è Poughkeepsie, a 60 miglia da New York, dove vivono lontani parenti. Intanto è arrivato il 1927, il 4 marzo, tutto è pronto. I soldi ci sono. Parecchie volte tirai fuori dalla tasca il denaro e lo contai. Otto dollari tutti in monete da un dollaro. È tutto quello che ha nella vita Antonino: 8 dollari, 16 anni e coraggio da vendere. Li riposi e mi preparai a partire verso il porto. Presto conquista anche un soprannome. Glielo cuciono addosso i figli di Antonia Carabe, una sconosciuta signora che sua madre ha intercettato al molo di Buenos Aires, mentre saliva sulla scaletta della nave, pregandola che avesse cura del figlio durante il viaggio. Sta tranquilla mamma, ci faremo carico del "Pibe". Così chiamano tutti i ragazzi sul Rio de la Plata. Il viaggio è lungo e l’arrivo indimenticabile: era l’alba del 27 marzo 1927. Andai in coperta con l’intenzione di vedere terra e contemplare la famosa Statua della libertà. Tutto ad un tratto, tutti scoppiarono in un grido: è lì, è lì. Spiccava bella e immensa, impressionante, che dava il benvenuto con le sue braccia aperte a tutti. Antonio si sistema a casa Carabe, a New York. Ottiene un lavoretto come trasportatore di ghiaccio, ma scopre che è una copertura per lo smercio degli alcolici in tempo di proibizionismo. Poi prova con la costruzione delle ferrovie, si avvicina a Poughkeepsie e ai suoi parenti. Ripaga il debito a Peppino e invia rimesse alla famiglia. Amplia la rete di conoscenze, prende lezioni di inglese, fa i conti con il razzismo. Vidi che si avvicinava una combriccola di ragazzi che mi gridarono: tu, wop, che stai facendo qui, perché non te ne vai al tuo paese? Rimasi stupito e nel mio migliore inglese risposi che quello era anche il mio paese e che ci sarei rimasto. Ma realizza anche sogni, compra un’automobile all’asta, una Essex 4 porte. In quel momento ero il più felice dei ragazzi, chiamai tutti quanti affinché vedessero il mio acquisto. Più tardi invitai tutti a fare una passeggiata. Guidai fino alla 42 e 5 Av. E seguendo per Broadway attraversammo Central Park e ritornammo a casa. La Grande depressione affossa l’economia ma la vita di Antonino decolla. Conosce Marie, se ne innamora e la sposa, nasce Georgia. Mentre l’America si risolleva grazie al New Deal, Antonino svolge ogni lavoro possibile fino ad aprire una bottega da carbonaio nel 1938, un’attività che crescerà oltre ogni immaginazione. Grande fu la mia sorpresa quando il 6 novembre 1938 ricevetti una busta proveniente dal governo degli Stati Uniti. Il giorno dopo, consegnavo il carbone in casa del signor Roosevelt. Il sogno americano si è realizzato ancora una volta.

 

 

Il programma della 35^ edizione:  

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